domenica 29 luglio 2007

Vonnegut in metropolitana

Quando mi viene da lamentarmi di qualcosa che non va intorno a me, mi sembra di essere il gaddiano "capitano in congedo" con le sue "bizze", senza ovviamente un milionesimo dei meriti letterari...
Però ogni volta che sono in una stazione della metropolitana, con la radio - ora televisione - interna a tutto volume, e cerco di leggere, o anche solo di pensare ai casi miei, mi sembra di essere all'interno di "Harrison Bergeron".
"Harrison Bergeron" è un racconto di Vonnegut in cui "l'anno era il 2081, e tutti erano finalmente uguali". L'uguaglianza si è ottenuta handicappando chi ha qualche abilità superiore agli altri: facendo portare pesi ai forti, imbruttendo i belli e così via. Il protagonista è un mezzo superuomo, e così si ritrova tutti gli handicap artficiali possibili.
Io non sono un mezzo superuomo, ma mi identifico ogni volta con gli abitanti di quella società per almeno un aspetto. Le persone intelligenti vengono handicappate facendo sentire loro suoni, rumori e musiche, tanto più frequentemente quanto più sono intelligenti, per non dar loro il tempo di mettere a fuoco un pensiero. (H.B. è un genio, e quindi gli vengono fatti sentire in continuazione suoni che cambiano via via.)
Non escludo che in qualche racconto di Dick si immagini che la muzak che suona in continuazione in ascensori e certi ambienti pubblici abbia un ruolo simile...

Ad uso dei soci e simpatizzanti specializzati in pignolerie cinematografiche: da "Harrison Bergeron" è stato tratto un film per la tv. Il protagonista è interpretato da Sean Astin, cioè Sam Gamgee nel Signore degli anelli, mentre in un ruolo secondario appare Hayden Christensen, il giovane Anakin Skywalker negli Episodi II e III di Guerre stellari. Quindi, per chi fa caso a queste cose, questo film collega ancora una volta le due saghe. (Ma naturalmente la presenza di Christopher Lee in entrambe rende puramente accademica la ricerca di ulteriori collegamenti.)

giovedì 26 luglio 2007

Pignolerie al quadrato

Due parole sul nome del blog e dell'istituzione eponima: posso rassicurare chi aveva qualche dubbio sulla correttezza del dittongo mobile in "pignuoli". La forma in "uo" è effettivamente attestata; per esempio, il Devoto-Oli riporta "pignòlo (lett. pignuòlo)".
Il dizionario etimologico di Battisti-Alessio, dal canto suo, sembra riservare la forma in "uo" al seme del pino o pinocchio e descrive l'etimologia del pignolo che ci interessa come "pedante; propriam. duro come un 'pignuòlo' ".

Due problemi aperti per accademici e simpatizzanti:
  1. Pare che l'uso di "pignolo" nel senso di "pedante" sia piuttosto recente: il Battisti-Alessio riporta come prima attestazione il 1908, ad opera di Panzini. Possibile che sia così recente?
  2. Il pign(u)olo è anche un tipo di uva nera, coltivata soprattutto in Piemonte e Lombardia, nonché il rispettivo vino. Qualche membro del dipartimento enologico dell'Accademia lo conosce?

Lingue che vanno, lingue che vengono

L'Accademia si duole di non poter organizzare, per i suoi membri e simpatizzanti, corsi di polebo e di slovinzo, ma può addurre a propria discolpa il fatto che queste antiche lingue slave sono da tempo estinte, e per giunta tutto ciò che ne resta sono brevissimi testi e pochi vocaboli singoli (come del vandalico, ma questa è un'altra storia).
Ricavo queste informazioni, insieme a molte altre di sicuro interesse per gli amanti di pignolerie linguistiche, da Morte e rinascita delle lingue di Claude Hagège (Feltrinelli 2002; tit. orig. Halte à la mort des langues, 2000). Come si arguisce dai titoli, vi si tratta di cause e modi delle trasformazioni e scomparse delle lingue, da un punto di vista quasi naturalistico: in più di un senso, le lingue si comportano come specie in competizione, soggette a mutazioni, alla lotta per la sopravvivenza e, spessissimo, all'estinzione.
Il libro è ricco di esempi, di quelli che spesso fanno dire "Ah, vedi!".

lunedì 23 luglio 2007

Pignuoli all'americana

Anche oltre oceano c'è chi si preoccupa di pignolerie grammaticali, ad esempio cercando di dirimere l'eterno problema degli apostrofi messi male (come in Fisher's per dire Fishers, cioè "i Fisher")... Per leggere le opinioni e i casi di una "grammar vandal" pentita, si veda il blog di Kate Somerville. È di oggi, per dirne una, la segnalazione di qualche paradossale lettera di ammiratori: "kate youre grammer article, in the newspapr were, fantastic i think you will be a famous riter". È evidente che Kate ha la passione dei convertiti da poco, come nel divertente resoconto di come ha cercato di correggere un segnale stradale, provocando anche un intervento della polizia...

Meneghello e Baricco

Nei giorni scorsi ho finito di leggere I piccoli maestri di Luigi Meneghello e Seta di Alessandro Baricco.
Se non si è George Steiner, è difficile parlare bene dei libri belli scrivendo qualcosa di nuovo e interessante, è fin troppo facile parlare male dei libri brutti, e non ha molto senso parlare male dei libri belli: cercherò di fare quello che rimane.
  1. Ci sono momenti di Seta in cui Baricco sembra dimenticarsi per qualche riga, e magari anche per un'intera pagina, di essere Baricco, e ti prende. Quasi non ti molla più. Anche tu ti dimentichi che è Baricco. Lui. Sembra quasi un altro. Ma poi si ricorda di tutte le peculiarità della sua prosa e ci si riaggrappa come un trapezista che è arrivato dall'altra parte del suo breve volo.
  2. Non sono particolarmente esperto della storia del Giappone e, pur sapendo del suo isolamento quasi assoluto fino a Ottocento inoltrato, ho trovato efficace la scena che descrive l'arrivo delle navi a vapore statunitensi nella baia di Yokohama:
    I giapponesi non avevano mai visto prima una nave capace di risalire il mare controvento.
  3. La lettura di Seta è un prerequisito per quella di Setola, la parodia firmata "Leandro Barocco" (che è in realtà il poligrafo Giovanni Arduino).
  4. Se si è compulsivi e si annotano e contano i libri letti (pratica che chi scrive sconsiglia vivamente!), Seta permette di incrementare rapidamente e senza sforzo le proprie statistiche.
Ora mi lancio in Q di "Luther Blissett", che finora avevo schivato un po' perché se ne parlava troppo e un po' perché qualcosa in me trova che sia difficile che un libro a otto mani possa risultare omogeneo come uno a due o quattro mani. Lo so, non c'è un vero motivo per cui in quattro non si possa scrivere un ottimo romanzo, ma... è come se immaginassi il tacito dialogo con l'autore, e mi vedessi bene a conversare, o ad ascoltare attonito un singolo storyteller, o anche due che si passano destramente la palla. Ma ho questa immagine di quattro autori, uno o due dei quali mi stanno raccontando la storia, mentre gli altri parlano per conto loro, si preparano una frittata o guardano la partita in tv...

domenica 22 luglio 2007

Schumann e la crema pasticciera

Succede di avere prevenzioni irrazionali verso cose che, appena le si prova (ascolta, assaggia, compie) si rivelano meno sgradevoli del previsto, e magari anche piacevoli.
A me succede, per esempio, con la crema pasticciera. Sono convinto che non mi piaccia: se c'è da scegliere tra vari cornetti (cioè brioche, per voi lassù a nord), prendo quello con la crema solo se sono finiti quelli con la nutella, la marmellata, semplici, integrali, sperimentali. Ma quando poi mangio quello con la crema, mi rendo conto e mi ricordo immediatamente che mi piace. E parlo del generico cornetto del bar, neppure di qualche crema mirabolante elaborata con amore materno dai migliori pasticcieri di Parigi.
Ho qualche remoto trauma infantile legato alla crema? Ne ho mangiata di cattiva qualità, o andata a male, da piccolo e me la sono inconsciamente legata al dito?
Qualcosa di simile mi succede con certi compositori, tra cui Schumann. Nonostante lo conosca discretamente, se ci penso distrattamente, con la coda della mente, mi evoca un'idea (sbagliatissima) di melenso, di sdolcinato, di romantico nel senso erroneo in cui viene spesso usato. E poi lo sento e mi si rinnova l'amore per la sua musica: non mi stancherei di sentire il concerto per pianoforte in la minore, per esempio, colpevole anche un CD che sentivo spesso, in cui era accoppiato alla sinfonia concertante per violino e viola di Mozart, diretti entrambi da Muti.
Che vuole dire tutto ciò? Niente, mi era capitato di pensarlo, e di chiedermi se entra in gioco un meccanismo simile a quello per cui vorremmo rifuggire da certi impegni o incontri, ma quando poi finalmente li affrontiamo ci rendiamo conto che non avevano niente di così spaventoso e temibile.

Proemio

Questo è il primo messaggio di questo blog. Questo e i prossimi saranno per lo più messaggi di prova, destinati inizialmente ad amici intimi, che conoscono e tollerano me e le mie idiosincrasie.

Per loro, e in futuro per eventuali altri lettori, ricordo che l'Accademia de' Pignuoli da vari anni svolge un'attività intensa, anche se misconosciuta, a favore di minuzie, pignolerie e pedanterie, in campo linguistico, informatico, geografico e così via. I vari membri-ombra tendono a essere specializzati in uno o più di questi campi. I loro amici e parenti, e soprattutto quelli di chi scrive, usufruiscono gratuitamente di consulenze, richieste e no, quando si tratta della corretta ortografia di una parola, di un dettaglio storico o geografico, di azioni che migliorano il mondo a partire dai dettagli meno essenziali. Nulla è troppo marginale per l'AdP!

Nota tecnica: per ora questo blog è riservato ad alcuni amici che ho invitato personalmente. Poi, se sarà il caso, lo aprirò a tutti (non che mi venga in mente perché qualche estraneo possa voler leggere queste note). Mi accingo ora (18 settembre 2007) ad aprire il blog a tutti.