domenica 30 settembre 2007

Gli accompagnatori turistici non si risparmiano

Per qualche motivo i parlanti di lingue germaniche hanno problemi con le parole italiane inizianti per giu-. Non si contano i "Guiseppe" su locandine di concerti verdiani, e persino Beethoven dedicò la sua sonata op.27 n.2 (la cosiddetta "Chiaro di luna") alla "Damigella Contessa Guilietta Guicciardi". Quindi non è del tutto inatteso che in un ristorante danese sia previsto sulla carta questo vino:

sabato 29 settembre 2007

Tra uno Smørrebrød e l'altro...

Sono stato qualche giorno a Copenaghen. Più che le meraviglie della città e dei dintorni, sono pertinenti qui alcune pignolerie sulla lingua danese. È abbastanza noto che il danese, a differenza delle altre lingue scandinave, ha una pronuncia irregolare e che in genere "non si legge come si scrive". Se per esempio volete avere anche solo un'idea di che cos'è lo stød, leggetelo sulla Wikipedia.
In compenso, la grammatica è molto semplice: la morfologia, in particolare, è quasi elementare. I verbi non si coniugano in base alle persone e al numero, bensì hanno un'unica forma per il presente indicativo, una per il perfetto e così via. I nomi hanno due generi (comune e neutro) e non hanno casi tranne il genitivo, che ovviamente si forma per lo più aggiungendo una s.
Un dettaglio elementare che mi ha lasciato perplesso per qualche ora (si vede che i cieli grigi della Sjælland hanno offuscato le mie capacità mentali) è stato il perché i sostantivi a volte assumessero un -et o -t finale. Non mi risultava che ci fosse un caso fatto così, il plurale in genere è in -r... boh? Perché se "casa" si dice hus ogni tanto leggo huset? Finalmente mi è venuta un'idea, ho controllato ed era giusta. Che cosa significa quel -et o -t finale? La soluzione nel primo commento a questo post.

P.S. Tra i dolci primeggiano veramente quelli che noi chiamiamo danesi, e i danesi danesi sono proprio buoni!

martedì 18 settembre 2007

Ogni uomo ha un prezzo

Fuori l'autore!

Collaborando, come mi capita di fare, con la Wikipedia in inglese, mi sono reso conto di un'ovvietà: da una parte non esiste il concetto di essere "autore" di una voce (e tanto meno proprietario o altro). Tutti sono "editor" alla pari e laddove ci sono contrasti li si risolve raggiungendo in qualche modo un consenso tra le varie opinioni.
Ma dall'altra parte, se ci si tiene, si può risalire a chi è l'autore di ogni aggiunta, ogni intervento, ogni modifica di ogni singola virgola consultando la storia di ogni pagina e dei suoi successivi cambiamenti.

Se ne può trarre un insegnamento? (Qualcosa come "la massima libertà si può raggiungere solo con un sistema capillare e trasparente di controlli"?) Non credo proprio: era solo un pensiero che mi era venuto sistemando qualche pignoleria sulla Wikipedia.

Apologia di F. & L.

Fruttero e Lucentini non hanno certo bisogno delle mie lodi, ma fa piacere a me lodarli.

Pochi giorni fa ho trovato su una bancarella (che faceva capo alla libreria Lithos, in via Vigevano, a Roma) e letto d'un fiato La cosa in sé, l'unica commedia scritta da F&L. Vi si parla di un uomo che si rende conto che alcuni strani incidenti sono dovuti al fatto che il solipsismo è vero e che tutto l'universo è creato dalla sua immaginazione. Le scene "serie" sono intervallate da numeri di varietà, tra cui primeggia quello del tango Das Ding am an sich.

Ancora una volta mi accorgo che sento molto vicini a me F&L, la loro capacità di sintetizzare saggezza e humour, erudizione e calore umano... Bah, detto così sembra una quarta di copertina poco ispirata. Leggeteli, se non lo avete già fatto, e capirete cosa intendo.

Aggiunta Il mio minuscolo omaggio a F&L consiste nell'essere il principale artefice delle voci a loro dedicate (Fruttero e soprattutto, nel senso che è più ampia, Lucentini) sulla Wikipedia in inglese. Vedi oltre per due righe su che cosa vuol dire essere un "autore" della Wikipedia.