martedì 25 marzo 2025

Libri usati a Roma


Segnalo, in ideale pendant con la mia paginetta su “Librerie dell'usato, bancarelle e mercatini a Roma”, un bell'articolo di Augusto Monterroso su Collettiva a proposito del fatto che Le librerie dell’usato di Roma sono un presidio culturale.

L'articolo ricorda i tempi in cui a Roma c'era una cinquantina di librerie dell'usato oltre alle bancarelle, poi le chiusure o trasferimenti progressivi e adesso alcune lodevoli iniziative, come “Esquilibri”, mostra-mercato mensile sotto i portici di piazza Vittorio, che ha tra gli animatori Michelle Müller della storica libreria Libri Necessari.

(Rubo anche l'immagine da Collettiva...)




martedì 11 marzo 2025

Misuro il cielo su Prisma

A quelli fra i miei 2,5 lettori che non lo sanno già, e a cui possa interessare, segnalo il nuovo numero di Prisma Magazine, con un mio articolo di cui sono soddisfatto. Il mio titolo provvisorio era poco sintetico: “Come misurare il cielo con poca tecnologia e un po' di matematica”; trovo calzante il titolo definitivo “La misura del cielo”. Parlo di alcuni dei sistemi a bassissima tecnologia (pre-cannocchiale, pre-sestante) per fare osservazioni astronomiche, soprattutto per determinare la propria latitudine.

Ma c'è moltissimo altro di interessante. Si può acquistare cartaceo in edicola o in pdf sul sito della rivista.

martedì 25 febbraio 2025

Traduttori traditori V

Nella recente e pregevole serie televisiva Ripley del 2024, a un certo punto del 2° episodio, un personaggio (uomo) sospetta che un altro personaggio (uomo) gli stia facendo delle avances, e decide di mettere le cose in chiaro, dicendo: “I'm not queer”.


Ora, negli anni in cui si svolge la vicenda – il romanzo The Talented Mr Ripley di Patricia Highsmith è del 1955, la serie è ambientata nel 1960 – il termine “queer” è senza dubbio spregiativo. Quel personaggio sta dicendo: “Non sono frocio” o, pure meglio perché è meno volgare e più datato, “Non sono un invertito”.

Nel doppiaggio italiano, però, dice: “Non sono queer”, che non ha alcun senso. In primo luogo, nel 1960 nessun parlante italiano avrebbe usato questo termine, fra i numerosi con cui avrebbe potuto fare riferimento all'omosessualità. In secondo luogo, quando oltre trent'anni dopo il termine è entrato in uso nell'italiano (nel 1992, secondo lo Zingarelli) aveva già per lo più il significato “sdoganato” con cui la comunità LGBT l'aveva recuperato, e quindi non più offensivo, e sicuramente non lo è oggi come invece lo era nell'inglese di più di sessant'anni fa.

Quindi abbiamo l'apparente paradosso che usare la stessa identica parola è il modo meno appropriato per tradurla. Il che però non è neanche un grande paradosso, considerando i decenni intercorsi, nonché il fatto che l'italiano è spesso un po' allegrotto nell'adottare termini inglesi: feeling, ticket, body, spider...


martedì 7 gennaio 2025

In un modo imprecisato e arrangiandosi alla bell’e meglio?

Ecco una questione in cui mi imbatto qualche volta traducendo, e qui metto a verbale le mie conclusioni, per comodità.

La questione è questa: l'inglese somehow si può rendere con l'italiano “in qualche modo”? Se vi sembra ovvio di sì oppure di no, vi prego di pazientare un attimo.

In prima approssimazione può sembrare appunto che il significato sia quello, e il modo per renderlo pure. Tra l'altro è il primo traducente suggerito dal Ragazzini, che alla voce somehow dà:

in qualche modo; in un modo o nell'altro; per qualche motivo; per un motivo o per l'altro

Il senso, a parte la resa in italiano, è che qualcosa è stato fatto in una maniera (o per un motivo) che non staremo a precisare.

D'altro canto le lingue naturali hanno una vita tutta loro e in italiano “in qualche modo” ha assunto anche una connotazione più specifica. Per citare la voce corrispondente del dizionario di De Mauro, questa accezione si può descrivere come:

cercando di risolvere una situazione, un problema anche in modo non ortodosso, arrangiandosi alla bell’e meglio: in qualche modo ce la faremo.

(Il Grande dizionario della lingua italiana dà già una definizione – o anzi, più d'una – meno specifica: “secondo le possibilità; in conformità con le attitudini possedute, con i mezzi disponibili; convenientemente, discretamente, passabilmente. - Anche: in qualsiasi maniera, con qualsiasi mezzo, comunque”.)

Questo può far ritenere che quindi “in qualche modo” non sia un buon traducente per il più generico somehow. La mia tesi è invece che, al di là di questo uso che descrive un arrangiarsi come capita, quelle tre parole in fila continuino a mantenere anche il loro significato letterale.

Succede con molte frasi fatte. Nel Mago di Oz con Judy Garland, Bert Lahr faceva la parte del leone, nonostante non primeggiasse tanto da lasciare in ombra gli altri. Se di notte alzo lo sguardo al cielo vedo le stelle, anche se non mi fa male niente. Ma anche lasciando da parte il linguaggio figurato, ci sono espressioni come “per la quale” o “sulle sue”, che hanno un senso specifico idiomatico, ma si possono continuare a usare come normali sequenze di parole italiane.

Dico quindi che “in qualche modo” possa usarsi sia nel senso letterale (in una maniera imprecisata) che in modo idiomatico (arrangiandosi alla bell’e meglio). E chiamo a miei testimoni del primo uso, tra gli altri, Leopardi (“Una parola o frase difficilmente è elegante se non si ap­parta in qualche modo dall’uso volgare”, Zibaldone, 1154) e Manzoni (“se [l'idea del fiore] è nella mente, in qualche modo ci dev’essere. In che modo c’è, dunque?”, dialogo Dell'invenzione).

Il Grande dizionario della lingua italiana usa la locuzione nel senso che intendo io persino “in prima persona”, cioè nel corpo di una definizione piuttosto che in un esempio. All'interno della voce Moralità (vol. 10, p. 873), spiega che cosa sono i delitti contro la moralità pubblica e il buon costume (corsivo mio):

nella sistematica del vigente codice penale (Titolo IX), i delitti che in qualche modo attengono alla sfera sessuale (cioè i delitti contro la libertà sessuale, come violenza carnale, atti di libidine violenta, ratto a fine di matrimonio o a fine di libidine, ecc.; offese al pudore e all’onore sessuale, come i delitti di atti osceni, di pubblicazioni e spettacoli osceni, di corruzione di minorenni e i delitti in materia di prostituzione).

Direi quindi che sia il contesto a chiarire se una certa occorrenza di “in qualche modo” abbia il senso letterale dato da quelle tre parole o quello di “arrangiandosi alla bell’e meglio” e simili.

sabato 4 gennaio 2025

Pococurante

Solo qualche osservazione su una parola insolita, “pococurante”.

Apparentemente in italiano è un hapax usato da Primo Levi in La tregua, là dove descrive “un medico, Pjotr Grigorjevič Dancenko, giovanissimo, gran bevitore, fumatore, amatore e pococurante”. In quest’ultima qualifica c’entrerà anche il fatto che si parla di un medico, visto che c’è la radice “curare”, ma mi sembra fuori strada pensare che si riferisca solo a questo, e quindi a una sua scarsa capacità nella professione (uno che “cura poco”). Ne pare convinto Tim Parks che, criticando le traduzioni di Stuart Woolf e di Ann Goldstein, contrappone ai loro a negligent person e indifferent to the job, rispettivamente, il proprio but not much of a medic.

Ora, sono certo che nella mente di Levi, come di qualsiasi italiano colto, c’erano le parole “noncurante” e “incurante”, che certamente non hanno a che fare con la medicina, ma denotano solo un certo tipo di carattere e non necessariamente in modo solo negativo. Il termine nuovo o raro serve qui per scherzare bonariamente sullo scarso impegno del dottore in generale, non solo specificamente nella professione.

Ma c’è di più. Levi non include Voltaire nel novero degli autori di cui si riconosce debitore in La ricerca delle radici, ma il mondo non gli crede, in particolare per quanto riguarda i contes philosophiques come Micromégas e Candide, e fa bene. C’è un personaggio proprio del Candide, un nobile veneziano annoiato dai suoi meravigliosi averi, opere d’arte, donne, libri, che si chiama appunto Pococurante. E qui non c’è dubbio che il nome si riferisca appunto al suo essere blasé, annoiato, come superiore a tutto ciò: si mostra disinteressato ai grandi poeti da Omero ai contemporanei, e “Au reste je dis ce que je pense, et je me soucie fort peu que les autres pensent comme moi”. Solo Candide, nel suo ottimismo ad oltranza, ci vede “le plus heureux de tous les hommes, car il est au-dessus de tout ce qu’il possède”.

venerdì 7 giugno 2024

Un saggio è un libro?

Ogni tanto mi diverto a giocherellare con nuovi prodotti di cosiddetta intelligenza artificiale (in realtà, variazioni sul tema dei modelli linguistici di grandi dimensioni) tra cui, adesso, NotebookLM di Google, che in teoria dovrebbe servire a dargli vari file, appunti, articoli, su cui poi porgli domande, chiedergli riassunti e altre rielaborazioni.

Ora, ho provato la seguente cosa difficilissima: gli ho dato il sommario dell'ultimo numero di L'Indice e gli ho chiesto di estrarne solo autori e titoli dei libri recensiti ed elencarli in ordine alfabetico del cognome dell'autore. Quasi tutte le voci, a parte rubriche e poco altro, erano semplicemente della forma:

Nomeautore Cognomeautore Titolo, di Nomerecensore Cognomerecensore

Dopo qualche imbeccata, lo ha fatto in parte, ma anche al meglio mancavano alcuni dei libri. Segue teatro dell'assurdo:

Io: Perché non hai inserito “Alessandra Ghezzani Leggere Borges, di Francesco Fava”?

Lui: L'elenco precedente includeva solo i titoli dei libri per i quali era elencato un autore. "Leggere Borges" è il titolo di un saggio di critica letteraria di Alessandra Ghezzani recensito da Francesco Fava, non il titolo di un libro di Alessandra Ghezzani.

Io: Un saggio di critica letteraria di Alessandra Ghezzani recensito da Francesco Fava è un libro di Alessandra Ghezzani.

Lui: "Leggere Borges" è il titolo di un saggio di critica letteraria di Alessandra Ghezzani. Il saggio è recensito da Francesco Fava. Non è il titolo di un libro di Alessandra Ghezzani.

Io: Un saggio è un libro, in questo contesto.

Lui: "Leggere Borges" è un saggio di critica letteraria di Alessandra Ghezzani recensito da Francesco Fava. Non è il titolo di un libro di Alessandra Ghezzani. Non ci sono informazioni che descrivono un saggio come un libro.

Io: Fidati di me. Ai fini di questo notebook, un saggio è un tipo di libro.

Lui: "Leggere Borges" è un saggio di critica letteraria scritto da Alessandra Ghezzani e recensito da Francesco Fava. Non ci sono informazioni che descrivono un saggio come un libro.

Io: Sicuro?

Lui: "Leggere Borges" è un saggio di Alessandra Ghezzani recensito da Francesco Fava. Non ci sono informazioni che descrivono un saggio come un libro.

Al che ho chiuso tutto. 

lunedì 15 aprile 2024

Il successo è un successo

Sabato notte il presidente Biden ha parlato al telefono con il premier Netanyahu e, dopo avergli ricordato l’indistruttibile sostegno Usa allo Stato ebraico, gli ha spiegato che il successo nella difesa contro gli oltre 300 proiettili di varia natura sparati dall’Iran e dalle milizie filoiraniane, è un successo.

martedì 2 aprile 2024

Gigolettes e taccheggiatrici

Ho fatto una scoperta fortuita. Il sito della Treccani permette, con grande generosità, di consultare gratuitamente numerose opere: l'impagabile dizionario della lingua italiana, quello dei sinonimi e contrari, varie enciclopedie, dall'Enciclopedia Italiana degli anni Trenta a una contemporanea e a varie tematiche (dalle scienze a Dante). In più il sito stesso è ricchissimo di contenuti di alto livello, aggiornati in continuazione.

Mi dispiace quasi fargli le pulci, ma la pignoleria viene prima di tutto, un po' come rischiare un'amicizia pur di non rinunciare a fare una certa battuta.

Insomma: come si diceva, tra le altre opere è possibile consultare il dizionario dei sinonimi e contrari, datato 2003. Se un pignuolo consulta al momento in cui scrivo (2.4.2024) la voce “prostituta”, legge:

prostituta s. f. [dal lat. prostituta, part. pass. femm. di prostituĕre "prostituire"]. - [donna che esercita la prostituzione o che è giudicata simile alle prostitute, anche come epiteto offensivo fare la p.; sei proprio una p.!] ≈ (offensivo) bagascia, (offensivo, non com.) baiadera, (offensivo) baldracca, (offensivo) battona, (offensivo) bella di notte, (offensivo) buona donna, (offensivo) cagna, cocotte, (offensivo) cortigiana, (offensivo) donnaccia, donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o, offensivo, di facili costumi), (offensivo) donnina allegra, (lett.) etera, (offensivo, disus.) falena, (offensivo, non com.) gigolette, (offensivo) lucciola, (non com.) lupa, (offensivo) malafemmina, (offensivo) marchettara, (offensivo, non com.) mercenaria, (lett.) meretrice, (offensivo) mignotta, (offensivo) mondana, (offensivo) passeggiatrice, (offensivo, disus.) peripatetica, prostituta, (offensivo, lett.) putta, (offensivo) puttana, (ragazza) squillo, (offensivo, lett.) sgualdrina, taccheggiatrice, (offensivo) troia, (offensivo) vacca, (offensivo) zoccola, [contattabile telefonicamente] call girl.

Ma se per caso il pignuolo se l'era copiata in passato per un piccolo progetto terminologico, nota qualche differenza e ne va a consultare la più vecchia delle copie salvate su archive.org, risalente al 13.3.2013, osserva che ci sono vari cambiamenti interessanti:

prostituta s. f. [dal lat. prostituta, part. pass. femm. di prostituĕre "prostituire"]. - [donna che esercita la prostituzione o che è giudicata simile alle prostitute, anche come epiteto ingiurioso fare la p.; sei proprio una p.!] ≈ (volg.) bagascia, (eufem., non com.) baiadera, (volg.) baldracca, (roman., volg.) battona, (eufem.) bella di notte, (eufem.) buona donna, (spreg.) cagna, cocotte, (eufem.) cortigiana, (spreg.) donnaccia, donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o, eufem., di facili costumi), (eufem.) donnina allegra, (lett.) etera, (eufem., disus.) falena, (gerg., non com.) gigolette, (eufem.) lucciola, (non com.) lupa, (merid.) malafemmina, (roman., volg.) marchettara, (non com.) mercenaria, (lett.) meretrice, (region., volg.) mignotta, (eufem.) mondana, (eufem.) passeggiatrice, (eufem., disus.) peripatetica, prostituta, (lett.) putta, (volg.) puttana, (ragazza) squillo, (lett.) sgualdrina, taccheggiatrice, (volg.) troia, (spreg.) vacca, (region., volg.) zoccola, [contattabile telefonicamente] call girl.

I termini non sono cambiati: sono tutti esattamente gli stessi. Quello che cambia sono le marche d'uso, quelle sì per la maggior parte variate.

Mentre la versione più vecchia marca molti termini, da baiadera a peripatetica, come “eufemismo”, adesso tutti quei termini sono marcati come “offensivo”. E la cosa è stata fatta in maniera automatica, sostituendo meccanicamente tutti gli “eufem.” con “offensivo”, senza vagliare il merito dei singoli termini. Lo dimostra un indizio evidente: da

donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o, eufem., di facili costumi)

si è passati a:

donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o, offensivo, di facili costumi).

Ora, comunque la vogliamo vedere, qualunque sia la nostra tolleranza agli eufemismi, ai giri di parole, al dire pane al pane o meno, direi che “donna di malaffare” sia offensivo non meno di “donna di facili costumi”, no?

Inoltre, trovavo più eleganti, oltre che distinguere le espressioni “di significato attenuato” che alla lettera significano qualcos'altro – cioè appunto gli eufemismi –, anche le sfumature precedenti tra volg. e spreg., per esempio, nonché il fatto che alcuni di quei termini erano marcati come regionali. Di tutto questo ora non c'è più traccia.

Non voglio entrare nel merito di questa modifica, o del come e perché sia avvenuta: in mancanza di commenti della redazione sui criteri adottati per l'aggiornamento, le ipotesi dei miei 2,5 lettori valgono come e più delle mie. Il problema è che avrebbero dovuto appunto esserci, questi commenti, o per lo meno – come nelle “Corrections and clarifications” di testate come il Guardian – indicare che c'è stata una modifica e quando.

Ma almeno almeno si dovrebbe togliere quel “Sinonimi e Contrari (2003)” o aggiornarlo “... (2003, revisione del quandochesia)”, altrimenti si commette un vero e proprio falso.

mercoledì 27 marzo 2024

Il 500% di qualcosa

Le testate generaliste (Repubblica, Corriere, ANSA) non sono nuove a sparare numeri a casaccio e ad affidare gli articoli di scienza e tecnologia a quello che ne sa di meno in redazione (ammesso che ci si qualcuno che ne sa di più, e ammesso che ci sia una redazione). Immagino che sia uno stagista che, portato il caffè a tutti e scritti gli oroscopi, si dedica a quello che viene subito dopo in ordine di importanza.

Questa notizia di “Ambiente” di RaiNews direi che si piazzi bene, nel panorama attuale delle insensatezze numeriche (percentuali, unità di misura a casaccio etc.) in notizie più o meno di scienza: “Nel 2024 l'Italia ha consumato il 500% delle sue risorse naturali”.

Spesso si capisce almeno che cosa vogliono dire, anche se lo dicono in un modo insensato, ma qui non so proprio che cosa intendano con quel titolone a effetto. Che in tre mesi scarsi l'Italia ha già “consumato” (che a sua volta è un termine fumoso) 5 volte cosa?

Alla lettera c'è scritto che ha fatto fuori tutte le risorse minerarie, i terreni arabili, tutta l'acqua, il vento, il sole etc. che aveva a disposizione, e poi di nuovo altre quattro volte. Visto che non ha senso, a che si riferiscono? A un parametro di riferimento mai specificato? A quello che normalmente consuma in un anno? E non è che il testo dell'articolo aiuti molto, anzi.

mercoledì 7 febbraio 2024

Uno su mille


Sto leggendo l'interessantissimo Fascism. A Very Short Introduction di Kevin Passmore, che conferma l'utilità di queste sintesi, che sono più o meno il corrispondente britannico dei Que sais-je? francesi.

Oltre a fare un riassunto degli eventi storici che portarono all'ascesa dei fascismi del primo dopoguerra e di quelli attuali, si pone il problema di capire come si possa definire il fascismo in generale, di quali tratti permettano di dire che un certo movimento o regime vi rientra o no. La conclusione – in realtà chiarita fin dalle prime pagine – è che non è possibile. Esaminando la situazione in nazioni diverse e spesso anche all'interno di uno stesso movimento, possiamo trovare tratti rivoluzionari e conservatori, elitari e di massa, nazionalismo e internazionalismo e così via. Non sempre, non tutto, anzi, ma abbastanza da rendere pressoché impossibile stilare un elenco di caratteristiche e dire che un movimento è fascista se le presenta tutte e sole.

Ma questo è un blog di pignolerie, non di storia o politica, e quindi qui voglio segnalare solo una citazione curiosa. Mostrando che uno dei tratti di alcuni neofascismi contemporanei consiste nel desiderio di non confondersi con il resto della società, pure più che singole convinzioni o istanze ideologiche, cita Charles Hall, commander della White Aryan Legion, che dice tra l'altro che “portando una croce uncinata sulla pelle o sulla camicia, ci si distingue dal 99,9 per cento della popolazione”.

Ora, intanto questo significherebbe che di simili a lui c'è ancora un millesimo della popolazione, che non è neppure pochissimo. Anzi, gli piacerebbe avere 300.000 co-legionari negli Stati Uniti. (Sì, gli USA sono pieni di gente che pensa cose molto discutibili, ma per molti di loro l'etichetta di “fascisti” sarebbe impropria, se non in un senso molto lato.)

Ma soprattutto, ammesso di voler avere qualcosa che ci distingua da altre 999 persone su mille, e senza aspirare a qualifiche rare o titoli di studio elevati, basta fissare la propria residenza ad Anzio, a Carrara o a Olbia (ognuna delle quali contiene circa un millesimo della popolazione italiana).