giovedì 21 gennaio 2016

Arnaldo Daniello, trovatore d'oltremanica

Se vi siete mai chiesti che cosa stia all’inglese come il provenzale sta all’italiano, andate avanti nella lettura. Se no, pure, perché è giunto il momento di chiederselo.

Secondo alcuni sarebbe bene che ogni opera letteraria venisse tradotta più di una volta nella stessa lingua, per averne più “interpretazioni” (in tutti i sensi) a disposizione.

Come che sia per i testi moderni, questo accade di sicuro per i classici, e permette a chi torna su un testo già tradotto e ritradotto di sbizzarrirsi un poco. E permette in particolare a Dorothy L. Sayers, apprezzata giallista che si apprezzava più come dantista, di reinventare le parole che Arnaldo Daniello, trovatore provenzale, pronuncia nel Purgatorio dantesco in provenzale.

Ricordo che alla fine del ventiseiesimo canto, dopo che Dante ha conversato con Guido Guinizelli, che gli ha presentato Daniello come “miglior fabbro del parlar materno”, il trovatore prende a parlare “liberamente”:
Tan m’abellis vostre cortes deman,
qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.
Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo jorn qu’esper, denan.
Ara vos prec, per aquella valor
que vos condus al som de l’escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!
Questa è l’edizione di Natalino Sapegno, che «per questi versi, assai malconci nei manoscritti» differisce in un paio di punti da altre.
Sapegno traduce così: «Tanto mi piace la vostra cortese domanda, che non mi posso né voglio a voi celare. Sono Arnaldo, che piango e vo cantando; afflitto contemplo la mia passata follia, e vedo, gioioso, innanzi a me il giorno che spero. Ora vi prego, per quel valore che vi conduce al sommo della scala, vi sovvenga a tempo del mio dolore».

L’invenzione della Sayers consiste nel renderle in scozzese: lo Scots – da non confondere con l’inglese di Scozia e tanto meno col gaelico –, la lingua in cui sono scritte varie poesie di Burns («
The best-laid schemes o' mice an' men / Gang aft agley...»). Più precisamente, il Daniello della Sayers si esprime in “Border Scots”, parlato nel sud della Scozia.
Lei stessa chiarisce in una nota il senso della sua scelta:
Dante has made the poet reply in his native Provençal: partly, no doubt, in compliment to Arnaut’s “mastery of his mother-tongue”; partly, one may guess, in order to display his own facility in the “langue d’oc”; but chiefly, I am sure, because the light French vowels and monosyllabic rhymes impart a peculiar tripping gaiety to the verse and because the unexpected change of language lends an engaging sense of difference to this, the last exchange of speech with the souls in Purgatory. In order to preserve something of this lightness and contrast, I have translated the speech into Border Scots – a dialect which bears something of the same relation to English as Provençal does to Italian.
(Traduzione “di servizio” mia: «Dante fa rispondere il poeta nella sua lingua nativa, il provenzale: in parte, sicuramente, come omaggio al fatto che Arnaut fu il “miglior fabbro del parlar materno”; in parte, possiamo immaginare, per dar mostra della sua dimestichezza con la langue d’oc; ma soprattutto, ne sono certa, perché le vocali leggere e le rime accentate dell’idioma francese concedono una specifica leggerezza alle terzine e perché l’inatteso cambiamento di lingua permea di un piacevole senso di differenza quest’ultimo dialogo con le anime del purgatorio. Per conservare qualcosa di questa leggerezza e di questo contrasto, ho tradotto le parole di Arnaut in scozzese del sud, un dialetto che ha con l’inglese un rapporto vagamente simile a quello che il provenzale ha con l’italiano».)

Ed ecco i versi della Sayers: 


Sae weel me likes your couthie kind entratin’,
I canna nor I winna hide fra’ ye;
I’m Arnaut, wha gae singin’ aye and greetin’;
Waefu’ I mind my fulish deeds lang syne,
Lauchin’ luik forrit tae the bricht morn’s meetin’.
Pray ye the noo, by yonder micht that fine
Sall guide ye till the top step o’ the stair,
Tak’ timely thocht for a’ my mickle pine.

Poi s’ascose nel foco che li affina.