Ho avuto di recente occasione di sentir parlare Sandro Veronesi, che pare una persona simpatica e preparata (lo sapevano tuttoi, suppongo, ma io non l'avevo mai visto di persona).
Ma qui mi interessa in particolare un episodio che ha raccontato. All'inizio di un corso di scrittura incoraggiava gli studenti a porre domande o dubbi e uno, tutto timido, gli fa: “Ma questo fatto che non bisogna usare gli avverbi... ma proprio mai mai?” Al che Veronesi salta su e cerca di capire da dove mai venga il malsano consiglio. La fonte è un certo docente, che a sua volta etc. etc. A farla breve, la fonte prima sarebbe Stephen King. E dagli addosso a King, che mette i giovani sulla cattiva strada, che predica male e razzola così così etc. (mia liberissima parafrasi: in realtà non è stato detto nulla del genere).
Insomma, ho cercato di capire che cosa abbia detto veramente King e, se non è andato di persona a sussurrare qualcosa ai docenti di una certa scuola di scrittura torinese, la sua posizione sull'argomento è esposta in On Writing (che consiglio). Qui potete trovare un estratto in inglese; il succo è che, secondo il nostro, “l'avverbio non è un amico”, non è qualcuno cui rivolgersi per fargli fare tutto quello che non vogliamo o sappiamo fare noi. Descrivere un'azione col solo verbo può essere più efficace che accompagnarla con un avverbio:
“Don't be such a fool, Jekyll,” Utterson said
(“Non faccia lo sciocco, Jekyll”, disse Utterson)
può essere più efficace di
“Don't be such a fool, Jekyll,” Utterson said contemptuously
(“Non faccia lo sciocco, Jekyll”, disse con disprezzo Utterson),
dice King, e così per vari esempi, nei quali sconsiglia anche l'abuso di verbi troppo “pieni di steroidi” (grated, gasped, jerked out).
Ma la cosa più importante è che per King questo bando agli avverbi vale quasi solo all'interno dell'attribuzione delle battute. Per il resto, gli avverbi sono come i soffioni: pochi in mezzo a un prato lo impreziosiscono, troppi lo infestano esageratamente e veementemente.