martedì 18 giugno 2013

Benvenuti a Chernobyl

Mi fa piacere rendere partecipi i miei 2,5 lettori del fatto che è appena uscito Benvenuti a Chernobyl. E altre avventure nei luoghi più inquinati del mondo, la mia traduzione di Visit Sunny Chernobyl: And Other Adventures in the World's Most Polluted Places di Andrew Blackwell. Mi fa piacere perché è un libro che ho letto e tradotto con piacere (e di cui ho regalato con piacere ad alcune persone amiche le copie che mi spettavano).

Come suggerisce il sottotitolo, è un diario di viaggio molto personale a Černobyl’, in una miniera canadese di sabbie bituminose, nella “città più inquinata del mondo” (ma in realtà no) in Cina, nella chiazza di immondizia del Pacifico e in altri ameni luoghi del genere, in cui l'orrore per la devastazione ambientale e umana convive in Blackwell con una sorta di fascino per il fatto stesso che sia possibile modificare l'ambiente su scala così ampia. Un esempio per tutti: dove vengono lavorate le sabbie bituminose per trarne  in modo a sua volta molto inquinante  qualcosa di utilizzabile a mo' di petrolio,
... c’era l’area di stoccaggio dello zolfo, anche se chiamarlo «area di stoccaggio dello zolfo» è come chiamare le piramidi «area di stoccaggio della pietra».
Un sottoprodotto del processo industriale della Syncrude è una quantità monumentale di zolfo, di cui non si sa che fare né a chi venderlo. Così viene messo da parte, in grosse lastre gialle, un livello ingombrante sull’altro, fino a erigere, attualmente, un trio di enormi ziggurat tronche alte quindici o venti metri e larghe qualcosa come quattrocento metri. Come tutto quello che c’è qui in giro, sono probabilmente tra le strutture artificiali più grandi della storia umana, ma non ne avevo mai sentito parlare. Una piramide di zolfo non fa notizia, mi sa. ...
Un giorno, però, la Syncrude o i suoi successori vedranno in questi oggetti enormi – giganteschi, monumentali, immani, apocalittici – l’opportunità che veramente rappresentano. I turisti del futuro saliranno fino in cima ai loro gradoni, soggiorneranno in alberghi di zolfo scavati al loro interno, sorseggeranno cocktail gialli e assisteranno agli incontri di tennis del Syncrude Open, in cui si useranno palle azzurre perché siano visibili sui campi gialli. Migliaia di anni dopo, gli esploratori che si apriranno la strada tra le giungle della Cameximeriga del Nord ci si imbatteranno e saranno abbagliati dalla semplicità dell’architettura dei nostri templi, al contempo rozzi e grandiosi, e faranno congetture sui motivi che ci spinsero a adorare lo zolfo al di sopra di ogni altro elemento e si renderanno conto che i faraoni erano dei mentecatti.
E così via. Potete leggere qualche altro estratto sul Post (con menzione del nome del traduttore) e su Internazionale (senza).

(Per i più attenti e pignuoli: com'è, anche alla luce del recente guest post di Paolo Gangemi, che nel titolo e anche nel testo, abbondano le menzioni di “Chernobyl” all'inglese, anziché di un più corretto “Černobyl’”? Scelta dell'editore. Ma quasi tutti gli altri nomi russi e ucraini sono traslitterati come norma internazionale comanda.)

2 commenti:

  1. infatti mi ricordavo che ne avevamo discusso e ti eri attenuto alla trascrizione ufficiale. Ma sai, in casa editrice hanno delle fisime strane: come se facessero la gente (quelli che comprano libri del genere, poi!?) più stupida di quanto è. Forse la realtà è invece che, con questi mezzucci, pensano di adeguare il «pubblico», i «lettori» al LORO livello culturale... ed è assai triste scriverlo qui, per me.

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  2. Interessante! Lo leggerò:) Complimenti!

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