Nella recente e pregevole serie televisiva Ripley del 2024, a un certo punto del 2° episodio, un personaggio (uomo) sospetta che un altro personaggio (uomo) gli stia facendo delle avances, e decide di mettere le cose in chiaro, dicendo: “I'm not queer”.
Nel doppiaggio italiano, però, dice: “Non sono queer”, che non ha alcun senso. In primo luogo, nel 1960 nessun parlante italiano avrebbe usato questo termine, fra i numerosi con cui avrebbe potuto fare riferimento all'omosessualità. In secondo luogo, quando oltre trent'anni dopo il termine è entrato in uso nell'italiano (nel 1992, secondo lo Zingarelli) aveva già per lo più il significato “sdoganato” con cui la comunità LGBT l'aveva recuperato, e quindi non più offensivo, e sicuramente non lo è oggi come invece lo era nell'inglese di più di sessant'anni fa.
Quindi abbiamo l'apparente paradosso che usare la stessa identica parola è il modo meno appropriato per tradurla. Il che però non è neanche un grande paradosso, considerando i decenni intercorsi, nonché il fatto che l'italiano è spesso un po' allegrotto nell'adottare termini inglesi: feeling, ticket, body, spider...
curiosità: a fine anni '70 il nostro professore di inglese al liceo ci aveva spiegato che queer a inizio secolo aveva il significato di "strano" e poi era passato a indicare gli omosessuali, prima in maniera denigratoria e poi no. La curiosità è che il professore era un prete :-) (ho fatto il liceo dai salesiani e al tempo gli insegnanti erano tutti sacerdoti, tranne che per ginnastica)
RispondiEliminaComplimenti all'insegnante che a quanto pare si teneva aggiornato sull'evoluzione dell'inglese!
EliminaTi ho citato nel mio blog: https://casipaologici.wordpress.com/2025/03/06/anglicismi-anacronistici/
RispondiElimina