giovedì 24 giugno 2010

È emergenza “criticità”

Un amico mi chiede che cosa ne penso (o, volendo, che cosa ne pensa l'Accademia) dell'abitudine di usare “criticità” nel senso di “questione da affrontare urgentemente”, come in “le criticità del progetto in questo momento sono...”, considerando anche che, di fronte ai suoi tentativi di sostituirlo con qualche altro termine che suoni meglio, i colleghi del mio amico rispondono che questa parola “sta nel vocabolario”.

La mia modesta opinione è che i colleghi di cui si parla probabilmente non hanno ben chiaro che non è che un vocabolario autorizzi a usare una certa parola in un certo modo: al contrario, se una parola entra nell'uso in un certo modo, prima o poi i vocabolari ne prendono atto, fosse anche che la gente si mette a chiamare “carciofi” le melanzane. (Anzi, certi vocabolari sono molto lesti nell'incorporare nuovi lemmi e nuove accezioni: se si vuol pubblicare una nuova edizione ogni anno, più roba c'è e meglio è.) È quasi come se un rapinatore mostrasse il giornale che parla della sua impresa per dimostrare che ha fatto bene a commetterla.
A me personalmente “criticità” suona pessimamente: profuma della pigrizia intellettuale di cui trasudano tutti questi neologismi di marketinghese. Qualcuno li tira fuori per riempirsi la bocca con polisillabi inutili, e altri gli vanno dietro pensando di darsi un tono.
D'altro canto, le lingue evolvono, anche con meccanismi di questi tipo: buona parte dell'attuale pronuncia inglese viene dai vezzi linguistici dei reali e dei cortigiani londinesi dei tempi andati.
In particolare, in questo caso mi sembra che si tratti semplicemente del meccanismo che parte da una parola che denota una certa qualità in generale e porta a usarla per indicare uno specifico oggetto o situazione che possiede quella qualità, un po' come “verità” nel senso generale di “qualità consistente nell'essere vero” rispetto alle singole “verità” filosofiche, scientifiche etc.
Le conclusioni traetele voi.

1 commento:

  1. Oltre alle "criticità" esitono le "problematiche", che hanno sostituito in tutto e per tutto gli ormai antiquati problemi.

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