giovedì 29 settembre 2011

999 Momenti Imbarazzanti

Per chi usa Facebook (ma in realtà credo che l'accesso a questa pagina sia aperto a tutti), mi sono imbattuto in questa serie di strisce alcune delle quali sono molto divertenti: 999 Momenti Imbarazzanti. E dove entra la pignoleria? La pignoleria, ovviamente, è negli occhi di chi guarda, come la bellezza, e qui l'interesse pignuolo sarà risvegliato in particolare dalla striscia 218, intitolata “Scoprire di aver sempre detto una parola in modo sbagliato”:



...ma più ancora dai suoi commenti (bisogna cliccare per vedere anche i commenti precedenti agli ultimi 50). Molti, divertiti dalla striscia, ricordano propri o altrui solecismi (“pultroppo” per “purtroppo” sembra il più gettonato, seguito a distanza da  “tappare le ali”, da “imbocca al lupo”, “cortello”, “salciccia” - ma alcuni di questi mi paiono più usi regionali - e da numerosi hapax). Non mancano vari esempi di suddivisioni erronee, come “lo spizio” o “l'amantide” (ma d'altronde questo è un meccanismo che ha portato storicamente alla formazione di non pochi vocaboli, come “lastrico”, in cui l'articolo si è agglutinato al latino medievale astracum, a sua volta dal greco óstrakon; un esempio in inglese è an eke name, “un nome aggiuntivo”, da cui è derivato a nickname).

Ma il pignuolo non privo di cinismo si soffermerà soprattutto sui doppi errori dei commentatori di questa striscia, come la persona che ci spiega: «E' 'coluttorio, non 'colluttorio'» o gli indecifrabili appunti «il laschi... invece di l' aschi ahahah» (e qui l'umile accademico congettura che ci si riferisca agli husky) e «oppure breska invece di berska» (un riferimento alla Bershka, forse?).

venerdì 9 settembre 2011

Pontefici prossimi venturi

Il nume tutelare dei pignuoli cacciatori di baggianate non si dimentica di me un solo istante:



mercoledì 7 settembre 2011

Il disaccordo non è un ostacolo

“Il disaccordo non è un ostacolo che impedisce l'argomentazione, anzi può essere proprio il punto di partenza di una buona discussione che mira alla risoluzione verbale del disaccordo, se possibile, o a una migliore comprensione degli opposti punti di vista e delle ragioni del contrasto.”

Dovrebbe essere un'ovvietà, ma visto che a quanto pare non è così, me la appunto.
   È solo una tra le tante considerazioni sagge che leggo nel bel libro E qui casca l'asino di Paola Cantù (Bollati Boringhieri, 2011, 177 pagg., 15 euro), dal sottotitolo “Errori di ragionamento nel dibattito pubblico”. E quando dico “bel libro”, lo intendo nel senso tecnico di “libro pieno di sostanza e anche piacevole da leggere”, ricco di esempi dalla Fallaci (nomen omen) a Habermas, da Grillo a Ronchey.


E tornando al disaccordo come punto di partenza - cullandosi nell'idea utopica che possa veramente essere così, se non nella politica in grande, per lo meno in discussioni più in buona fede  - tra quelli che stanno cercando di mettere in pratica questo concetto, ci sono i miei amici di Vilfredo Goes to Athens. E quando dico “mettere in pratica”, lo intendo nel senso tecnico di “allestire un sito web in cui è possibile impostare discussioni, esprimere le rispettive opinioni e vedere se si riesce a farle convergere verso posizioni accettabili per tutti”.


[Il tag erori, per una volta, non si riferisce a qualche erore specifico, ma a un libro sano che è volutamente pieno di errori e fallacie perché li studia e classifica con cura e quasi con affetto.]