giovedì 20 dicembre 2007

Kakemphata

Ho scoperto qualche giorno fa che la Pimpa, la cagnetta a pallini rossi disegnata da Altan, è stata tradotta anche in inglese. Il motivo per cui lo segnalo qui è che in inglese si chiama Timpa, per un motivo, credo, facilmente intuibile. Quindi questo caso entra a far parte della nutrita schiera di nomi di prodotti, spesso modelli di automobili, che sono stati cambiati da un mercato nazionale all'altro perché "suonavano male".

(Mi sembrava molto arguto intitolare questo post con la parola inglese che significa "cagna", ma poi ho preferito evitare...)

martedì 4 dicembre 2007

L'italiano è un opinione

Ecco una piccola galleria di strafalcioni assortiti.


Quando disegnate l'arredo di vostra camera, non dimenticate di prevedere un piccolo spazio in cui tenere a portata di mano una grammatica.

Tutta la sezione in italiano del sito della Flexa è in un italiano sottilmente legnoso, come di un madrelingua lontano da tempo dall'Italia, o di un non nativo che lo conosca molto bene. Non mancano i classici "mobili per bambini in legno di pino".





Questo proviene da una delle pubblicità che Google appone automaticamente a fianco dei messaggi di posta elettronica di Gmail. In teoria dovrebbero essere pertinenti all'argomento del messaggio, ma sono sicuro di non intrattenere molta corrispondenza riguardante "i mosche".





Non ho dubbi che Jesus Christ Superstar sia, a modo suo, pieno di poesia, e probabilmente contiene al suo interno componimenti poetici improntati alla soggettività, ma in italiano "lyrics" significa "testi", "parole", "libretto"!





Questo tipo di scivolone è quasi troppo classico per includerlo qui...












Infine doppia portata per chi conosce bene La carica dei 101, Cujo, Quattro bassotti per un danese e Torna a casa Lassie...










...ma anche il latino non scerza



La parrocchia S. Giuseppe Cottolengo, a Valle Aurelia, propugna un'idea della "caritas" particolarmente pervasa di Grazia.








(Fonti: foto scattate dal sottoscritto, http://jesuschristsuperstar.musical.it, http://www.monzalacitta.it/rubriche/farfalle-nella-rete/, catalogo della Fnac)

giovedì 8 novembre 2007

I vicer...

Si vedono in giro i cartelloni che pubblicizzano l'imminente uscita di I vicerè, il nuovo film di Roberto Faenza, tratto "da un romanzo censurato per oltre 100 anni".

L'occhio del pignuolo è attratto da quei "vicerè" scritti in caratteri cubitali, e si chiede se abbiano qualcosa in comune con i "viceré" che in vari tempi e luoghi hanno sostituito i re.

E poi, nell'elegante locandina, in cui oltre al titolo compaiono i nomi del regista e dei principali interpreti e varie parole-chiave come "autobiografia", "Italia", "nazione", "affari nostri", non si potevano inserire magari anche le parole "De Roberto"?

P.S. Vedo ora che nel Dizionario delle opere e dei personaggi della Bompiani viene usato l'accento grave, ma non nella Garzantina, nel dizionarietto "Gli scrittori italiani" della Zanichelli o altrove. C'è forse qualche giustificazione per la grafia non standard?

Cani

Sulla prima pagina del Tuttolibri di sabato scorso, il 3 novembre, Nico Orengo "fulmina" l'exploit dell'artista costaricano Guillermo Habacuc Vargas che, a mo' di opera d'arte concettuale, avrebbe lasciato morire pubblicamente di fame un cane. Perché l'Accademia de' Pignuoli se ne occupa?

Prima di tutto, per fortuna, la notizia è infondata, come spiega dettagliatamente Paolo Attivissimo nel suo impagabile blog in cui si occupa, tra l'altro, di mostrare l'infondatezza di molte "bufale" divulgate via rete. Il cane era in realtà tenuto legato a una corda tre ore al giorno per tre giorni e nutrito regolarmente, e l'installazione voleva appunto richiamare l'attenzione sulla violenza sugli animali, ma c'è riuscita fin troppo bene...

In secondo luogo, e qui l'AdP è più appieno nel suo campo, Orengo parla del cane "a cui è vietato dargli da mangiare [...] ma non di assistere alla sua [...] agonia". Il cane è vivo, la sintassi un po' meno.

giovedì 25 ottobre 2007

Non drammatizziamo... (2)

Ancora qualche nota sparsa sui titoli italiani di libri o film che non sono traduzioni letterali:
  • Per quanto riguarda il cinema, forse la tendenza a reinventare completamente i titoli si va un po' modificando: tutti i titoli che menziona Marco D'Eramo nell'articolo già citato (come All of me che diventa Ho sposato un fantasma; The Ambassador "tradotto" come I guerrieri del vento etc.) sono precedenti al 1985. La tendenza attuale è di lasciare spesso i titoli originali, con al più l'aggiunta di un sottotitolo che traduce o commenta il vero titolo, come in Waitress - Ricette d'amore. Una sotto-tendenza è quella di semplificare il titolo, pur lasciandolo in inglese, spesso omettendo gli articoli (suona più inglese? più efficace?): The Fast and the Furious è diventato Fast and Furious, Matrix in origine è The Matrix e così via. Il predecessore più illustre è naturalmente The Shining.
  • Quanto ai libri, non è infrequente il caso di traduzioni diverse - o riedizioni della stessa traduzione - con titoli diversi. Qualche volta i titoli successivi tendono ad avvicinarsi a quello originale, ma non è detto; di fatto, spesso tendono verso il titolo dell'eventuale film che nel frattempo ne è stato tratto. The Body Snatchers di Jack Finney - di cui è uscita in questi giorni in Italia la quarta trasposizione cinematografica con il titolo di Invasion (vedi sopra) - è passato per i titoli di Gli invasati e (ovviamente) L'invasione degli ultracorpi; The Long Saturday Night di Charles Williams, dopo essere stato Morire d'amore è diventato Finalmente domenica!; e The Shining di Stephen King, prima di diventare Shining, è stato Una splendida festa di morte.

venerdì 19 ottobre 2007

Non drammatizziamo...

Ancora a proposito di traduzioni: segnalo l'articolo di Marco D'Eramo sul manifesto a proposito dei frequenti casi di titoli italiani di libri e film che non hanno niente a che fare col titolo originale. Un esempio per tutti, tra quelli non riportati nell'articolo, il Domicile conjugal di Truffaut, che in Italia è notoriamente diventato Non drammatizziamo... è solo questione di corna.

Addenda: Dopo una settimana dalla pubblicazione, gli articoli sul sito del manifesto non sono più liberamente accessibili. Vedrò di trovare altrove una copia dell'articolo di D'Eramo.

domenica 14 ottobre 2007

Il pozzo delle trame perdute

Stavolta faccio un po' di spudorata auto-promozione o, meglio, promozione a un libro con il quale ho a che fare.
I primi di novembre uscirà Il pozzo delle trame perdute di Jasper Fforde, pubblicato dalla Marcos y Marcos e di cui il sottoscritto ha curato la traduzione.



La pagina della casa editrice illustra il libro, e gli altri dello stesso autore, molto meglio di come potrei fare io. Aggiungo solo che è così divertente che, nonostante io abbia passato vari mesi piacevoli immerso nel testo e nella resa dei non pochi giochi di parole e invenzioni linguistiche, ancora durante l'ennesima revisione e durante la rilettura delle bozze mi ritrovavo a ridere per qualche battuta!

Buona lettura.

P.S. Qui potete leggere una mia nota del traduttore a proposito del primo dei romanzi di Fforde, Il caso Jane Eyre, che mi era stata chiesta dalla bella rivista in rete, appunto, "La nota del traduttore".

lunedì 8 ottobre 2007

La detrattinizzazione dell'inglese

Solo due righe per segnalare un articolo sul New York Times di ieri, sulla progressiva scomparsa in inglese del trattino all'interno delle parole composte, anzi del "nearly-departed seldom-understood soon-to-be-forgotten hyphen": Death-Knell. Or Death Knell.

Attiro in particolare l'attenzione su quello che viene detto su E.E. Cummings, o e.e. cummings, che nella sua eliminazione quasi totale della punteggiatura, mise in atto una "sanserification" ("senzagrazizzazione"?) del linguaggio. Ecco la prima strofa di "anyone lived in a pretty how town". Il testo completo si può trovare per esempio presso poets.org:

anyone lived in a pretty how town

(with up so floating many bells down)

spring summer autumn winter

he sang his didn't he danced his did

venerdì 5 ottobre 2007

Masculin/femminile

Ecco qui alcuni esempi di sostantivi che in francese e in italiano hanno genere diverso. (Più precisamente: sostantivi francesi che hanno lo stesso significato, lo stesso etimo e diverso genere, rispetto al corrispondente sostantivo italiano). Come si vedrà, qualche volta succede perché derivano da nomi che in latino erano neutri, o aggettivi, e hanno avuto esito diverso nelle due lingue romanze.
  • anecdote
  • annonce
  • approche
  • calme
  • contagion
  • courante
  • dent
  • dimanche
  • fleur
  • flûte
  • jacinthe
  • jade
  • lueur (e altri in -eur: pudeur, rigueur, sueur, vapeur...)
  • mémoire [nel senso di testo scritto]
  • mer
  • pomme
  • planète
  • sauna (anche femminile)
  • soir
  • sphinx
  • vagin
Qualche accademico o simpatizzante ha suggerimenti per ampliare questa lista? O qualche considerazione meno empirica delle mie?

Aggiornamento del 1.2.'09: Aggiunti "courante", "sauna" e "vagin".

domenica 30 settembre 2007

Gli accompagnatori turistici non si risparmiano

Per qualche motivo i parlanti di lingue germaniche hanno problemi con le parole italiane inizianti per giu-. Non si contano i "Guiseppe" su locandine di concerti verdiani, e persino Beethoven dedicò la sua sonata op.27 n.2 (la cosiddetta "Chiaro di luna") alla "Damigella Contessa Guilietta Guicciardi". Quindi non è del tutto inatteso che in un ristorante danese sia previsto sulla carta questo vino:

sabato 29 settembre 2007

Tra uno Smørrebrød e l'altro...

Sono stato qualche giorno a Copenaghen. Più che le meraviglie della città e dei dintorni, sono pertinenti qui alcune pignolerie sulla lingua danese. È abbastanza noto che il danese, a differenza delle altre lingue scandinave, ha una pronuncia irregolare e che in genere "non si legge come si scrive". Se per esempio volete avere anche solo un'idea di che cos'è lo stød, leggetelo sulla Wikipedia.
In compenso, la grammatica è molto semplice: la morfologia, in particolare, è quasi elementare. I verbi non si coniugano in base alle persone e al numero, bensì hanno un'unica forma per il presente indicativo, una per il perfetto e così via. I nomi hanno due generi (comune e neutro) e non hanno casi tranne il genitivo, che ovviamente si forma per lo più aggiungendo una s.
Un dettaglio elementare che mi ha lasciato perplesso per qualche ora (si vede che i cieli grigi della Sjælland hanno offuscato le mie capacità mentali) è stato il perché i sostantivi a volte assumessero un -et o -t finale. Non mi risultava che ci fosse un caso fatto così, il plurale in genere è in -r... boh? Perché se "casa" si dice hus ogni tanto leggo huset? Finalmente mi è venuta un'idea, ho controllato ed era giusta. Che cosa significa quel -et o -t finale? La soluzione nel primo commento a questo post.

P.S. Tra i dolci primeggiano veramente quelli che noi chiamiamo danesi, e i danesi danesi sono proprio buoni!

martedì 18 settembre 2007

Ogni uomo ha un prezzo

Fuori l'autore!

Collaborando, come mi capita di fare, con la Wikipedia in inglese, mi sono reso conto di un'ovvietà: da una parte non esiste il concetto di essere "autore" di una voce (e tanto meno proprietario o altro). Tutti sono "editor" alla pari e laddove ci sono contrasti li si risolve raggiungendo in qualche modo un consenso tra le varie opinioni.
Ma dall'altra parte, se ci si tiene, si può risalire a chi è l'autore di ogni aggiunta, ogni intervento, ogni modifica di ogni singola virgola consultando la storia di ogni pagina e dei suoi successivi cambiamenti.

Se ne può trarre un insegnamento? (Qualcosa come "la massima libertà si può raggiungere solo con un sistema capillare e trasparente di controlli"?) Non credo proprio: era solo un pensiero che mi era venuto sistemando qualche pignoleria sulla Wikipedia.

Apologia di F. & L.

Fruttero e Lucentini non hanno certo bisogno delle mie lodi, ma fa piacere a me lodarli.

Pochi giorni fa ho trovato su una bancarella (che faceva capo alla libreria Lithos, in via Vigevano, a Roma) e letto d'un fiato La cosa in sé, l'unica commedia scritta da F&L. Vi si parla di un uomo che si rende conto che alcuni strani incidenti sono dovuti al fatto che il solipsismo è vero e che tutto l'universo è creato dalla sua immaginazione. Le scene "serie" sono intervallate da numeri di varietà, tra cui primeggia quello del tango Das Ding am an sich.

Ancora una volta mi accorgo che sento molto vicini a me F&L, la loro capacità di sintetizzare saggezza e humour, erudizione e calore umano... Bah, detto così sembra una quarta di copertina poco ispirata. Leggeteli, se non lo avete già fatto, e capirete cosa intendo.

Aggiunta Il mio minuscolo omaggio a F&L consiste nell'essere il principale artefice delle voci a loro dedicate (Fruttero e soprattutto, nel senso che è più ampia, Lucentini) sulla Wikipedia in inglese. Vedi oltre per due righe su che cosa vuol dire essere un "autore" della Wikipedia.

domenica 29 luglio 2007

Vonnegut in metropolitana

Quando mi viene da lamentarmi di qualcosa che non va intorno a me, mi sembra di essere il gaddiano "capitano in congedo" con le sue "bizze", senza ovviamente un milionesimo dei meriti letterari...
Però ogni volta che sono in una stazione della metropolitana, con la radio - ora televisione - interna a tutto volume, e cerco di leggere, o anche solo di pensare ai casi miei, mi sembra di essere all'interno di "Harrison Bergeron".
"Harrison Bergeron" è un racconto di Vonnegut in cui "l'anno era il 2081, e tutti erano finalmente uguali". L'uguaglianza si è ottenuta handicappando chi ha qualche abilità superiore agli altri: facendo portare pesi ai forti, imbruttendo i belli e così via. Il protagonista è un mezzo superuomo, e così si ritrova tutti gli handicap artficiali possibili.
Io non sono un mezzo superuomo, ma mi identifico ogni volta con gli abitanti di quella società per almeno un aspetto. Le persone intelligenti vengono handicappate facendo sentire loro suoni, rumori e musiche, tanto più frequentemente quanto più sono intelligenti, per non dar loro il tempo di mettere a fuoco un pensiero. (H.B. è un genio, e quindi gli vengono fatti sentire in continuazione suoni che cambiano via via.)
Non escludo che in qualche racconto di Dick si immagini che la muzak che suona in continuazione in ascensori e certi ambienti pubblici abbia un ruolo simile...

Ad uso dei soci e simpatizzanti specializzati in pignolerie cinematografiche: da "Harrison Bergeron" è stato tratto un film per la tv. Il protagonista è interpretato da Sean Astin, cioè Sam Gamgee nel Signore degli anelli, mentre in un ruolo secondario appare Hayden Christensen, il giovane Anakin Skywalker negli Episodi II e III di Guerre stellari. Quindi, per chi fa caso a queste cose, questo film collega ancora una volta le due saghe. (Ma naturalmente la presenza di Christopher Lee in entrambe rende puramente accademica la ricerca di ulteriori collegamenti.)

giovedì 26 luglio 2007

Pignolerie al quadrato

Due parole sul nome del blog e dell'istituzione eponima: posso rassicurare chi aveva qualche dubbio sulla correttezza del dittongo mobile in "pignuoli". La forma in "uo" è effettivamente attestata; per esempio, il Devoto-Oli riporta "pignòlo (lett. pignuòlo)".
Il dizionario etimologico di Battisti-Alessio, dal canto suo, sembra riservare la forma in "uo" al seme del pino o pinocchio e descrive l'etimologia del pignolo che ci interessa come "pedante; propriam. duro come un 'pignuòlo' ".

Due problemi aperti per accademici e simpatizzanti:
  1. Pare che l'uso di "pignolo" nel senso di "pedante" sia piuttosto recente: il Battisti-Alessio riporta come prima attestazione il 1908, ad opera di Panzini. Possibile che sia così recente?
  2. Il pign(u)olo è anche un tipo di uva nera, coltivata soprattutto in Piemonte e Lombardia, nonché il rispettivo vino. Qualche membro del dipartimento enologico dell'Accademia lo conosce?

Lingue che vanno, lingue che vengono

L'Accademia si duole di non poter organizzare, per i suoi membri e simpatizzanti, corsi di polebo e di slovinzo, ma può addurre a propria discolpa il fatto che queste antiche lingue slave sono da tempo estinte, e per giunta tutto ciò che ne resta sono brevissimi testi e pochi vocaboli singoli (come del vandalico, ma questa è un'altra storia).
Ricavo queste informazioni, insieme a molte altre di sicuro interesse per gli amanti di pignolerie linguistiche, da Morte e rinascita delle lingue di Claude Hagège (Feltrinelli 2002; tit. orig. Halte à la mort des langues, 2000). Come si arguisce dai titoli, vi si tratta di cause e modi delle trasformazioni e scomparse delle lingue, da un punto di vista quasi naturalistico: in più di un senso, le lingue si comportano come specie in competizione, soggette a mutazioni, alla lotta per la sopravvivenza e, spessissimo, all'estinzione.
Il libro è ricco di esempi, di quelli che spesso fanno dire "Ah, vedi!".

lunedì 23 luglio 2007

Pignuoli all'americana

Anche oltre oceano c'è chi si preoccupa di pignolerie grammaticali, ad esempio cercando di dirimere l'eterno problema degli apostrofi messi male (come in Fisher's per dire Fishers, cioè "i Fisher")... Per leggere le opinioni e i casi di una "grammar vandal" pentita, si veda il blog di Kate Somerville. È di oggi, per dirne una, la segnalazione di qualche paradossale lettera di ammiratori: "kate youre grammer article, in the newspapr were, fantastic i think you will be a famous riter". È evidente che Kate ha la passione dei convertiti da poco, come nel divertente resoconto di come ha cercato di correggere un segnale stradale, provocando anche un intervento della polizia...

Meneghello e Baricco

Nei giorni scorsi ho finito di leggere I piccoli maestri di Luigi Meneghello e Seta di Alessandro Baricco.
Se non si è George Steiner, è difficile parlare bene dei libri belli scrivendo qualcosa di nuovo e interessante, è fin troppo facile parlare male dei libri brutti, e non ha molto senso parlare male dei libri belli: cercherò di fare quello che rimane.
  1. Ci sono momenti di Seta in cui Baricco sembra dimenticarsi per qualche riga, e magari anche per un'intera pagina, di essere Baricco, e ti prende. Quasi non ti molla più. Anche tu ti dimentichi che è Baricco. Lui. Sembra quasi un altro. Ma poi si ricorda di tutte le peculiarità della sua prosa e ci si riaggrappa come un trapezista che è arrivato dall'altra parte del suo breve volo.
  2. Non sono particolarmente esperto della storia del Giappone e, pur sapendo del suo isolamento quasi assoluto fino a Ottocento inoltrato, ho trovato efficace la scena che descrive l'arrivo delle navi a vapore statunitensi nella baia di Yokohama:
    I giapponesi non avevano mai visto prima una nave capace di risalire il mare controvento.
  3. La lettura di Seta è un prerequisito per quella di Setola, la parodia firmata "Leandro Barocco" (che è in realtà il poligrafo Giovanni Arduino).
  4. Se si è compulsivi e si annotano e contano i libri letti (pratica che chi scrive sconsiglia vivamente!), Seta permette di incrementare rapidamente e senza sforzo le proprie statistiche.
Ora mi lancio in Q di "Luther Blissett", che finora avevo schivato un po' perché se ne parlava troppo e un po' perché qualcosa in me trova che sia difficile che un libro a otto mani possa risultare omogeneo come uno a due o quattro mani. Lo so, non c'è un vero motivo per cui in quattro non si possa scrivere un ottimo romanzo, ma... è come se immaginassi il tacito dialogo con l'autore, e mi vedessi bene a conversare, o ad ascoltare attonito un singolo storyteller, o anche due che si passano destramente la palla. Ma ho questa immagine di quattro autori, uno o due dei quali mi stanno raccontando la storia, mentre gli altri parlano per conto loro, si preparano una frittata o guardano la partita in tv...

domenica 22 luglio 2007

Schumann e la crema pasticciera

Succede di avere prevenzioni irrazionali verso cose che, appena le si prova (ascolta, assaggia, compie) si rivelano meno sgradevoli del previsto, e magari anche piacevoli.
A me succede, per esempio, con la crema pasticciera. Sono convinto che non mi piaccia: se c'è da scegliere tra vari cornetti (cioè brioche, per voi lassù a nord), prendo quello con la crema solo se sono finiti quelli con la nutella, la marmellata, semplici, integrali, sperimentali. Ma quando poi mangio quello con la crema, mi rendo conto e mi ricordo immediatamente che mi piace. E parlo del generico cornetto del bar, neppure di qualche crema mirabolante elaborata con amore materno dai migliori pasticcieri di Parigi.
Ho qualche remoto trauma infantile legato alla crema? Ne ho mangiata di cattiva qualità, o andata a male, da piccolo e me la sono inconsciamente legata al dito?
Qualcosa di simile mi succede con certi compositori, tra cui Schumann. Nonostante lo conosca discretamente, se ci penso distrattamente, con la coda della mente, mi evoca un'idea (sbagliatissima) di melenso, di sdolcinato, di romantico nel senso erroneo in cui viene spesso usato. E poi lo sento e mi si rinnova l'amore per la sua musica: non mi stancherei di sentire il concerto per pianoforte in la minore, per esempio, colpevole anche un CD che sentivo spesso, in cui era accoppiato alla sinfonia concertante per violino e viola di Mozart, diretti entrambi da Muti.
Che vuole dire tutto ciò? Niente, mi era capitato di pensarlo, e di chiedermi se entra in gioco un meccanismo simile a quello per cui vorremmo rifuggire da certi impegni o incontri, ma quando poi finalmente li affrontiamo ci rendiamo conto che non avevano niente di così spaventoso e temibile.

Proemio

Questo è il primo messaggio di questo blog. Questo e i prossimi saranno per lo più messaggi di prova, destinati inizialmente ad amici intimi, che conoscono e tollerano me e le mie idiosincrasie.

Per loro, e in futuro per eventuali altri lettori, ricordo che l'Accademia de' Pignuoli da vari anni svolge un'attività intensa, anche se misconosciuta, a favore di minuzie, pignolerie e pedanterie, in campo linguistico, informatico, geografico e così via. I vari membri-ombra tendono a essere specializzati in uno o più di questi campi. I loro amici e parenti, e soprattutto quelli di chi scrive, usufruiscono gratuitamente di consulenze, richieste e no, quando si tratta della corretta ortografia di una parola, di un dettaglio storico o geografico, di azioni che migliorano il mondo a partire dai dettagli meno essenziali. Nulla è troppo marginale per l'AdP!

Nota tecnica: per ora questo blog è riservato ad alcuni amici che ho invitato personalmente. Poi, se sarà il caso, lo aprirò a tutti (non che mi venga in mente perché qualche estraneo possa voler leggere queste note). Mi accingo ora (18 settembre 2007) ad aprire il blog a tutti.