domenica 7 maggio 2023

Il deludente “Manhattan Project” di Stefano Massini

Mi è capitato di leggere Manhattan Project di Stefano Massini, perché la storia della bomba mi sta molto a cuore ed ero curioso di vedere come era stata reinterpretata in chiave teatrale.

Non si tratta di un testo teatrale tradizionale: non c'è una suddivisione in atti e scene, né un elenco di personaggi, né vere e proprie battute attribuite all'uno o all'altro e tanto meno didascalie sui movimenti in scena. È più un testo poetico, diviso in parti e capitoli. Ognuno dei capitoli si rifà a temi veterotestamentari (“Libro dei Patriarchi”, “Libro dei Re” etc.) e anche lo stile vuol essere quasi biblico e aulico.

Però, per scrivere la Bibbia bisogna saperlo fare. Così com'è, il risultato è vacuo, fasullo, baricchiano.

Riduce le figure dei fisici del Progetto Manhattan a macchiette, a personaggi da cartone animato ognuno dei quali ha una singola frase o gesto tipico, che viene ripetuto pari pari, alla lettera, ogni santa volta che ricompare. Per esempio Leó Szilárd, prima di parlare, fa sempre la stessa cosa: “Si tolse gli occhiali / pulì le lenti / era il suo modo di prendersi tempo, da sempre”. È il modo di Massini di prendersi tempo e allungare il brodo? Pensa che così si caratterizzino i personaggi, si dia loro statura epica?

E anche “localmente” c'è un gusto esasperato per la ripetizione: in praticamente ogni pagina c'è una parola o una locuzione ripetuta varie volte di seguito, immagino sperando di ottenere un qualche effetto stilistico (“bocca cucita / bocca cucita / bocca cucita / bocca cucita / bocca cucita / bocca cucita / bocca cucita”).

Tralascio le imprecisioni fattuali (come la presenza di Erdős tra gli altri partecipanti al progetto), considerandole licenze poetiche. Ma anche al netto di ciò ci sono imprecisioni imbarazzanti, quali “Erdős Paul” usato come versione ungherese del nome (p. 32); l'affermazione che i neutroni si possono scindere (35); la “decadenza beta” (40); l'Eterno che crea il mondo in sette giorni e si riposa l'ottavo (204); Oppenheimer che è tentato di sabotare la pila di Fermi infilando una penna nell'ingranaggio (211): come pensa Massini che fosse fatta?

Peggio di tutto, però, è l'approccio infantile alla caratterizzazione dei fisici in quanto tali. Si esprimono usando metafore di una banalità imbarazzante (“Io sono un protone, tu sei un elettrone”) o spiegandosi le cose in termini elementari, come Szilárd (Szilárd!) che spiega a Oppenheimer (a Oppenheimer!) che cos'è una reazione a catena, raccontando di un bambino che lancia un petardo che fa frenare bruscamente un tram che fa cadere una ciclista che... Al paragone i dialoghi fra i personaggi di The Big Bang Theory sono riflessioni profonde sulla natura e le responsabilità della fisica.