giovedì 8 luglio 2010

Devisement du monde

Riferisco qui, senza far nomi, qualcosa che ho appreso da una lista di discussione per traduttori che frequento.

Una certa piccola casa editrice tiene periodicamente una sorta di brevissimi “corsi” - tre ore - che sono in realtà modi per attirare giovani aspiranti traduttori. Tra le altre peculiarità di questi incontri, viene enunciata la tesi che un italiano possa benissimo tradurre dall'italiano in una lingua straniera, cosa con cui la maggior parte dei traduttori e editori in generale discorda. I loro motivi sono probabilmente anche economici: costa molto più un traduttore professionista madrelingua inglese che sappia bene l'italiano, che non un principiante italiano che mastica un po' di inglese. (Il risultato non è lo stesso? Davvero?)
Perché cercano traduttori dall'italiano verso lingue straniere? Ovviamente per diffondere nel mondo la conoscenza della letteratura italiana. E per chiarire meglio questo concetto, fanno l'esempio di Marco Polo...

(Non offenderò i miei 2,5 lettori ricordando loro che, a prescindere dal valore letterario delle memorie di viaggio di Marco Polo, il vero problema è che 1) non ne fu lui l'autore ma le raccontò a Rustichello da Pisa che le scrisse come gli pareva; 2) ma, soprattutto, Rustichello da Pisa scriveva in francese...)

2 commenti:

  1. Forse l'esempio era proprio Rustichello, che da italiano traduceva in una lingua straniera!

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  2. Allora, se quelli della casa editrice conoscono un testo originale in italiano scritto da Marco Polo (quello poi "tradotto" da Rustichello), lo pubblichino immediatamente! Così non avranno più bisogno di allettare aspiranti traduttori con metodi dubbî.

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