Piero Bianucci, che è un bravo divulgatore scientifico, prende un piccola cantonata (non scientifica) sul TuttoLibri di sabato scorso (7 maggio, pag. IX). Parlando di Il Grande Disegno
, l'edizione italiana di The Grand Design
di Stephen Hawking e Leonard Mlodinow, dice: “Stephen Hawking, genio leggendario da trent'anni inchiodato su una carrozzina, per Il Grande Disegno [...] ha scelto come sottotitolo «Perché non serve Dio per spiegare l'universo»”, passando poi a spiegare per sommi capi questa tesi e il concetto di vuoto quantistico.
Ho guardato con attenzione la mia copia in inglese, e l'unica cosa che somiglia a un sottotitolo è in copertina (sul frontespizio non compare) ed è “New answers to the ultimate questions of life”. Ora, a meno che Hawking non abbia dato indicazioni specifiche per l'edizione italiana, il merito o demerito di questo sottotitolo è della Mondadori. (Ciò non toglie che il concetto è hawkinghiano: “It is not necessary to invoke God to light the blue touch paper and set the universe going”)
È un piccolo esempio di quella illusione ottica, spesso lamentata da noi traduttori, che porta molti recensori e lettori a comportarsi come se tutti i libri nascessero in italiano (e infatti nella recensione di Bianucci non sono menzionati i traduttori dei libri di cui si parla).