giovedì 18 settembre 2025

Come si chiama il narratore della Recherche di Proust?

Ho in mente di aver letto, forse più di una volta, che il narratore di À la Recherche du temps perdu, di cui tutta la lunghissima narrazione costituisce i ricordi e le riflessioni, non venga mai menzionato per nome, tranne una singola volta. Da quella singola volta apprenderemmo che si chiama Marcel, proprio come l'autore.


Ebbene, non è del tutto vero e in un certo senso non è affatto vero.
Il nome “Marcel” compare in tutto cinque volte, distribuite in due occasioni, strettamente connesse tra loro.

Le prime occorrenze sono abbastanza all'inizio di La Prisonnière. Si parla di Albertine che, al risveglio dopo aver dormito a casa del narratore, è per un po' taciturna e perplessa su dove si trova, dopo di che:
Elle retrouvait la parole, elle disait : « Mon » ou « Mon chéri », suivis l'un ou l'autre de mon nom de baptême, ce qui, en donnant au narrateur le même prénom qu'à l'auteur de ce livre, eût fait : « Mon Marcel », « Mon chéri Marcel ».
Nella traduzione di Giovanni Raboni:
Poi, ritrovata la parola, Albertine diceva: «Mio», oppure «Mio caro», seguiti, l'uno e l'altro, dal mio nome di battesimo, che – se si attribuisse al narratore lo stesso nome dell'autore di questo libro – suonerebbe: «Mio Marcel», «Mio caro Marcel».
Non c'è nessuna ambiguità: il narratore non si chiama Marcel. E anzi, nella sua ostinazione nel non volerci rivelare il proprio nome, anche in un contesto in cui gli servirebbe menzionarlo, il narratore lo sostituisce esplicitamente con un altro nome, quello dell'autore del libro, Marcel Proust. (Poi, certo, da una parte sarebbe una vertigine à la Borges capire come facciano a convivere un autore empirico e un narratore che a quel che pare sa di essere un suo personaggio, e conosce e menziona il proprio autore. Dall'altra, molto più prosaicamente, è quello che potrebbe succedere anche in una biografia scritta in prima persona, o in un'autobiografia scritta da un ghost writer, o in un'altra situazione di varia memorialistica.)

Il secondo e ultimo contesto in cui compare il nome “Marcel” arriva qualche decina di pagine dopo e riguarda sempre Albertine: è il testo di un biglietto che lei gli ha mandato tramite un ciclista:

Mon chéri et cher Marcel, j'arrive moins vite que ce cycliste dont je voudrais bien prendre la bécane pour être plus tôt près de vous. Comment pouvez-vous croire que je puisse être fâchée et que quelque chose puisse m'amuser autant que d'être avec vous ? Ce sera gentil de sortir tous les deux, ce serait encore plus gentil de ne jamais sortir que tous les deux. Quelles idées vous faites-vous donc ? Quel Marcel ! Quel Marcel ! Toute à vous, ton Albertine.

O, tradotto da Raboni:

Mio caro e adorato Marcel, sarò da voi meno in fretta di questo ciclista al quale, per far prima, vorrei tanto rubare la bici. Come potete pensare che io sia seccata, e che qualcosa possa divertirmi quanto starvi vicina? Sarà carino uscire noi due insieme, e sarebbe ancora più carino uscire sempre così. Ma insomma, cosa andate mai a pensare? Che Marcel! Che Marcel! Tutta vostra, la tua Albertine.

Quindi è la stessa situazione delle precedenti occorrenze, e il narratore (o l'autore?) non ha ritenuto necessario doverci ricordare che “Marcel” è semplicemente un segnaposto per non esplicitare il vero nome del narratore.